ANSIA DA ESAME. RICONOSCERLA PER IMPARARE A GESTIRLA

L’ipocondria o disturbo d’ansia per la salute è un costante stato di preoccupazione legato al timore di avere o di stare per sviluppare una grave malattia. La preoccupazione sperimentata persiste, nonostante le valutazioni e le rassicurazioni mediche causando un profondo disagio e interferendo con la propria vita sociale, lavorativa e familiare. Le persone che vivono l’ipocondria interpretano in modo errato segni, sintomi o sensazioni fisiche.
Ecco alcuni esempi di sensazioni comunemente fraintese:
• pensare che il batticuore significhi che si sta per avere un infarto;
• credere che un rigonfiamento sotto la pelle indichi un cancro;
• ritenere che formicolii o intorpidimenti siano sintomi di sclerosi multipla;
• essere convinti che il proprio mal di testa sia dovuto ad un tumore al cervello.
L’ipocondria è caratterizzata non solo dalle preoccupazioni ma anche da comportamenti quali: ricercare continuamente rassicurazioni e/o evitare situazioni associate all’ansia per la salute.

L’ipocondria e i comportamenti che mantengono il problema

Molti comportamenti, utilizzati dalla persona ipocondriaca, contribuiscono al mantenimento delle sue false interpretazioni. Questi sono: controlli, evitamenti, comportamenti protettivi , ricerca di rassicurazioni.
I controlli riguardano tastare, palpare o pizzicare parti del proprio corpo per appurare la presenza di malattia o di sintomi che la possano definire, oppure controllare il polso per verificare il numero dei battiti. I controlli rappresentano dei veri e propri “autoesami” alla ricerca di anomalie fisiche. Esistono persone che si sono ferite a furia di tastare una parte del corpo o che passano ore e ore a controllarsi nel disperato tentativo di scoprire cosa c’è che non va. Il disagio fisico che risulta da questi continui controlli viene interpretato come ulteriore prova della presenza di una patologia somatica.
Gli evitamenti riguardano eludere alcune attività fisiche, evitare di leggere storie che affrontano contenuti legati alla salute, fuggire di fronte a programmi televisivi che parlano di malattie, non pensare o parlare di morte, evitare i controlli medici. In realtà l’evitamento di alcuni comportamenti, come per esempio l’esercizio fisico, impedisce alla persona di fare esperienze in grado di smentire le proprie credenze contribuendo in questo modo al mantenimento del problema. Anche il tentare di sopprimere i propri pensieri ha l’effetto, aimè, di incrementarli.
I comportamenti protettivi includono prendere integratori o medicinali senza prescrizione, cercare di riposarsi per lunghi periodi di tempo o non appena si avverte un lieve disagio, assumere particolari posture, controllare le proprie risposte fisiche come la deglutizione o la respirazione. In tutti questi casi il sollievo può essere immediato, ma in realtà non fa che aumentare e mantenere le preoccupazioni.
La ricerca di rassicurazioni riguarda ricorrere di continuo a consultazioni mediche per essere tranquillizzati rispetto alla natura delle sensazioni fisiche provate, chiedere informazioni alle persone care, studiare i sintomi provati su testi, enciclopedie o internet. Le rassicurazioni possono avere un effetto immediato di riduzione del disagio e delle preoccupazioni, ma questo effetto è transitorio e dura generalmente poche ore o giorni.
In tutte queste situazioni il rischio è di incorrere in numerosi problemi, come per esempio, imbattersi in informazioni molto particolari o incoerenti rispetto a ciò su cui si è stati rassicurati. Questo aspetto non può che rinforzare il desiderio di sottoporsi a nuove valutazioni e controlli, contribuendo magari alla formazione di credenze e convinzioni riguardo alle competenze mediche dello specialista a cui ci si è rivolti. Insomma, il rischio è di trovarsi di fronte ad un vero e proprio circolo vizioso che si autoalimenta.

Quali sono le conseguenze dell’ipocondria?

Una delle conseguenze associate all’ipocondria è sentirsi più vulnerabili alle malattie, più deboli e fragili. Questa “fragilità” si sperimenta non solo a livello fisico, ma anche da un punto di vista emotivo e psicologico. Le conseguenze del problema si riversano inevitabilmente anche sulle persone care vicine che a lungo andare possono sentirsi appesantite dalle esagerate preoccupazioni e dalla continua ricerca di rassicurazioni di chi teme di stare male.

È consigliabile assumere psicofarmaci?

È possibile affiancare ad un percorso psicoterapico un trattamento farmacologico per diminuire il livello d’ansia e lavorare meglio da un punto di vista psicologico. È sicuramente sconsigliabile intraprendere SOLO un trattamento farmacologico che non aiuterebbe ad affrontare la questione e a rendersi competenti nel gestire la propria difficoltà. Il rischio di assumere solo i farmaci è di ricadere nel problema una volta smessa l’assunzione.

La Terapia Cognitivo Comportamentale per l’ipocondria

Il trattamento dell’ipocondria attraverso la Terapia Cognitivo Comportamentale ha lo scopo di offrire una spiegazione alternativa e più credibile del problema fisico riportato dalla persona. Per fare questo si dovrà andare alla ricerca di prove e verifiche, attraverso, per esempio, esperimenti concreti, che permettano di confutare le proprie credenze e perciò di costruire un modello alternativo. Non è semplice accettare una spiegazione psicologica dei propri problemi, soprattutto se si è convinti di essere affetti da una grave patologia. Per questo motivo la Terapia Cognitivo Comportamentale si avvale di una serie di procedure validate che permettono di compiere esperimenti di verifica delle proprie convinzioni. A titolo esemplificativo propongo un esercizio ricavato da una delle procedure utilizzate dalla Terapia Cognitivo Comportamentale. Ci tengo a sottolineare che nel trattamento dell’ipocondria non si sceglie una singola tecnica ma, nella maggior parte dei casi, ci si avvale di un protocollo che le utilizza tutte o quasi.

La tecnica dell’indagine

Questo metodo consiste nell’osservare altre persone e nel provare a condurre un’inchiesta rispetto alla loro esperienza di sintomi fisici analoghi. L’obiettivo, in questo caso, è quello di sfidare la propria convinzione di malattia cercando di considerare “normali” le esperienze fisiche diventate oggetto di interpretazioni erronee. Ipotizziamo che si creda che le irregolarità del proprio battito cardiaco siano sintomi di una malattia cardiovascolare. La proposta è quella di intervistare cinque persone e di provare a chiedere loro quale sia la frequenza del loro battito e se e quanto frequentemente percepiscono irregolarità. Questo offre l’opportunità di verificare se sintomi analoghi al proprio vengano percepiti diversamente da altre persone.